“Un ultimo abbraccio”. La donna e la guerra.
Oggi è il 4 novembre. Momento di ricordo di periodi di guerra, soldati al fronte, terre da conquistare, battaglie feroci, diserzioni, morti, milioni di morti. Ma c’è una guerra vissuta anche da chi è stato a casa, dalle donne, prima di tutto.
Diverse volte ho intervistato donne per capire come era stato il loro sentire durante le guerre. Per esempio in Welcome Mrs. Weston! Una storia di Natale tra Lugagnano e l’Inghilterra
“I tedeschi ci avevano obbligati a sfollare e a prendere dei treni per lasciare quella zona (Cassino). Il 23 Novembre 1943 giungemmo a Verona e fummo ospitati presso la Parrocchia di Santa Teresa. Ci misero a dormire nelle aule scolastiche. Io ero là con mia sorella e mio fratello: altri due fratelli più grandi erano in guerra”.
Così raccontava Mrs. Weston qualche anno fa: sole, quelle donne, assieme ai figli piccoli, distanti dagli affetti.
Oppure il racconto di Ida Ferrari, recentemente scomparsa, in L’altra metà della guerra. Quei momenti visti dalle donne. Il racconto di Ida Ferrari.
“La situazione di Ida in quegli anni era la stessa di molte altre giovani donne e mogli che, da un giorno all’altro, si trovavano al centro dell’economia familiare: una famiglia quasi sempre composta da genitori e suoceri, qualche parente che conviveva con loro, dei figli, ma anche e soprattutto un’azienda agricola da portare avanti. Campi coltivati a viti, frumento, polenta, vigne e vacche da seguire. Un’economia tutta al femminile, essendo le donne le uniche in grado di condurre le attività. Degli uomini rimasti a casa, o erano troppo vecchi, scartati dalle azioni di guerra, o troppo giovani essendo loro bambini. “Anche i miei cinque fratelli” prosegue Ida “furono chiamati tutti alla guerra. Fortunatamente, a guerra finita, tutti fecero ritorno a casa, ma nella loro vita è rimasta traccia indelebile delle numerose peripezie, a cominciare da chi, catturato dagli Inglesi ad Alessandria d’Egitto, fu tenuto prigioniero per molti anni in Gran Bretagna”.
Ecco, le donne, quasi come se fossero invisibili nella guerra, capaci però di tirar fuori energie da chissà dove. Mi ero appuntato qualche frase durante quelle due interviste, sensazioni, sentimenti, ricordi che prima o poi avrei messo assieme.
Ed è in occasione di questo 4 novembre 2017, dove parlerò del ruolo della donna nelle guerre a San Pietro in Cariano, che ho ripreso quelle idee, prendendo spunto da una piccola poesia che ho trovato su internet su “Una donna non vince mai una guerra”. Sì, è così, una donna, passando sacrifici enormi, forse ritorna alla situazione di partenza ma, una donna, non vince mai la guerra. Può portare con sé solo la speranza di quell’ultimo abbraccio.
Metto assieme i miei ricordi e le emozioni che ho provato in quelle interviste con questa piccola poesia che ho scritto per la donna, e la sua grande forza fatta di attese, silenzi, speranze, battiti.
L’ultimo abbraccio
Viene il momento
Temuto
Dell’ultimo abbraccio
Forte
Da togliere ogni respiro
Con gli occhi chiusi
Lacrime calde solcano le tue guance
Una donna non vince mai una guerra
Tuo figlio, il tuo amante
Parte
Per un luogo
Distante
Senza voltarsi
Ti chiedi se lo rivedrai
Lacrime calde solcano le guance
Tu, donna, non vincerai mai una guerra
Sei in attesa
Silenziosa
Nei tuoi pensieri
Pesanti
Cerchi speranza
Con la testa che scoppia
Lacrime calde solcano le guance
Una donna non vince mai una guerra
C’è sempre un confitto nell’animo umano
Tra quello che l’uomo vuole
E quello che l’uomo è
Voluto da chissà chi
Per cercare una vittoria
Che forse non c’è
Lacrime calde ti solcano le guance
Una donna non vince mai una guerra
Ti ricordi
L’ultimo abbraccio
Mentre passa il tempo
Lento
Troppo lento
Per il tuo cuore che batte
Chiudi gli occhi
Lacrime calde solcano le tue guance
Una donna non vince mai una guerra
Chissà se un pensiero
Può fermare un proiettile
E dare un senso
Alla distanza e ai silenzi
Perché comunque vada
In attesa che termini
Lacrime calde solcheranno le tue guance
E una donna non vincerà mai una guerra
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