Siamo tutti (un po’) “nomofobi”. Gli adolescenti (molto) di più. Ma che vuol dire?
Un paio di settimane fa scrissi un post sugli effetti fisiologici e relazionali dell’iperconnessione in internet degli adolescenti, traendolo da uno studio di un ricercatore italiano, Alberto Pellai, studioso noto per le dinamiche adolescenziali. Ora, a distanza di pochi giorni, esce una ricerca da parte della Società Italiana sull’Adolescenza sull’uso dei social e di internet. Le due ricerche si completano a vicenda, poiché quest’ultima riporta tendenze comportamentali veramente recenti, con la definizione di nuovi termini e tendenze comportamentali. Chi di noi, almeno quelli della mia età, ha mai sentito questi termini: “vamping“, “nomofobia“, “FOMO“, “social challenge” e “likemania“? Mentre per quest’ultima potremmo avere qualche spunto, certo non abbiamo idea del “vamping” o della “nomofobia”. L’articolo dell’Osservatorio ci spiega tutto su quei termini, ma dipingendo un quadro molto fosco.
“Il 98% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni possiede uno smartphone personale a partire dai 10 anni d’età. Più i ragazzi sono piccoli, più hanno avuto precocemente tra le mani i vari strumenti tecnologici. Il dato rilevante è che oltre 3 adolescenti su 10 hanno avuto modo di utilizzare uno smartphone direttamente nella primissima infanzia, già a partire da 1 anno e mezzo/2. Il genitore si sente tranquillo se il figlio utilizza il proprio cellulare pensando che non usi tutte le sue funzioni o vada su Internet dimenticandosi che è tutto collegato alla rete, anche le chat.”
Ormai si sapeva che quasi il 100% degli adolescenti accedeva ad internet, ma difficile immaginare che il 30% lo facesse già dall’età di un anno, con i genitori tranquilli. Forse si potrebbe anche dire con i genitori che sono spesso ignari visto che…
“gli adolescenti sono sempre più iperconnessi, circa 5 su 10 dichiarano di trascorrere dalle 3 alle 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% dalle 7 alle 10 ore, mentre il 10% supera abbondantemente la soglia delle 10 ore. Se calcoliamo che il 63% lo utilizza anche a scuola durante le lezioni, significa che la maggior parte di loro vive connessa alla rete.”
Difficile quindi pensare ad un controllo assoluto, se non nel (breve) periodo quando i genitori hanno l’adolescente sotto controllo (cioè non a scuola, non in camera, non con gli amici). E’ anche impressionante che 6 su 10 vivano lo smartphone come un’appendice della propria mano: sempre attaccato e sempre sotto controllo. Mai staccato dal proprio corpo (e dalla propria mente). I social usati da quella fascia di età (Facebook, sebbene tutti abbiano un profilo, non è il più utilizzato) sono noti. Senza entrare nelle tipiche problematiche che possono occorrere (sexting, cyberbullismo, profili finti per distogliere i genitori…) con i social tradizionali, io francamente non trovo rassicurante nemmeno WhatsApp, usato da quasi il 100% dei ragazzi: in rete si perde il senso della privacy e ciò che si fa rimane (basta fare uno “screen”). La cautela dovrebbe essere sempre d’obbligo, nel mondo reale e in rete. Anche su WhatsApp, nonostante si parli ad una cerchia di “amici” più o meno allargata. Con queste premesse si arriva subito a definire i concetti non noti.
Il Vamping: ossia la moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media, sembra diventata una vera e propria abitudine, tanto che 6 adolescenti su 10 dichiarano di rimanere spesso svegli fino all’alba a chattare, parlare e giocare con gli amici o con la/il fidanzata/o, rispetto ai 4 su 10 nella fascia dei preadolescenti.
FOMO – Fear of Missing Out): la tendenza che accomuna tutti i ragazzi è di tenere a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno, notte compresa, fino al 15% che si sveglia quasi tutte le notti per leggere le notifiche e i messaggi che gli arrivano per non essere tagliati fuori, altra patologia emergente legata all’abuso dello smartphone.
Likemania: per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like ricevuti; tanti like e tante approvazioni accrescono l’autostima, la popolarità e quindi la sicurezza personale. Ovviamente, vale anche il contrario, ovvero commenti dispregiativi e pochi like condizionano l’umore e l’autostima in negativo, tanto che il 34% ci rimane molto male e si arrabbia quando non si sente apprezzato.
La Nomofobia: da No-mobile-phone, è la nuova fobia legata all’eccessiva paura/terrore di rimanere senza telefono o senza connessione ad internet o al 4G: quasi 8 adolescenti su 10 hanno paura che si scarichi il cellulare o che non gli prenda quando sono fuori casa (un dato in forte crescita se si pensa che fino allo scorso anno interessava il 64% degli adolescenti) e tale condizione, nel 46% dei casi genera ansia, rabbia e fastidio.
Le Challenge o Sfide Social: sono uno dei problemi del momento e racchiudono tutte quelle catene che nascono sui social network in cui si viene nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un tag. Lo scopo in genere è di postare un video o un’immagine richiesta, per poi nominare altre persone a fare altrettanto, diffondendosi a macchia d’olio nel Web, anche nell’arco di poche ore.
La questione aperta è la medesima dell’articolo sull’iperconnessione: i comportamenti che stanno emergendo sono estremamente nuovi da comprendere, ed è non matura una riflessione pedagogica articolata e profonda. Si tratta di verificarli innanzitutto, poi di valutarne gli effetti, capire se sono positivi o negativi e dare un quadro comportamentale adeguato. Ma in assenza di questa conoscenza? Sempre vale la stessa regola: cautela. Mi sentirei di dare, però, un consiglio almeno agli insegnanti: fate divieto di utilizzare i cellulari in classe. Almeno in quel tempo le dita tengano la matita o la penna, e la mente stia focalizzata su cosa accade lì, non a quanti like è arrivata la foto su instagram.
(Foto da sg.theasianparent.com e Safeguarde.com)
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