“Noi al muretto, loro su whatsapp”. Cosa succederà ai nostri ragazzi iperconnessi?
Mi ricordo che da adolescente quando ci si incontrava la frase era più o meno: “ci troviamo al muretto dopocena?”. E là ci si trovava. Non ho mai ben compreso come riuscissimo a farlo sapere a tutti (e “tutti” era un numero alto), ma quelli erano i segreti delle relazioni del mondo reale. Il passaparola correva a velocità paragonabile a quella di whatsapp. Era “il tempo delle mele” film cult degli anni 80.
Una delle scene più famose del film “il tempo delle mele”
Già, whatsapp. Uno dei mezzi di relazione, se non “il solo mezzo” di relazione dei nostri ragazzi. Che la maggior parte degli adulti non riesce a gestire come viene gestito dai nostri figli; generazioni, quelle dei ragazzi, per cui “trovarci al muretto” detto col passaparola è databile, da loro, al periodo della caduta dell’impero romano, più o meno. Eppure erano “solo” trent’anni fa. E l’impero romano già non c’era da almeno 1500 anni.
A fronte di questa iperconnessione, c’è una nuova domanda che ci si sta ponendo: questi ragazzi sempre connessi come saranno?
Sono numerosissimi gli studi sull’argomento. E pure le serate che noi abbiamo dedicato (vedi i tanti post sull’adolescenza). Qualche giorno fa è stato pubblicato un articolo di un ricercatore italiano, Alberto Pellai, studioso noto per le dinamiche adolescenziali: Iperconnessi e bisognosi di legami. Quali relazioni tra gli adolescenti di oggi?
Per leggere l’articolo serve certamente investire tanto tempo e tanta attenzione, cose non sempre presenti nelle nostre giornate. Ma viste le interessantissime argomentazioni di Pellai, qui vorrei riportare in estrema sintesi qualche sua riflessione, così almeno non ce le perdiamo.
L’adolescenza è un percorso di mutamento continuo, fisico e mentale. E “in questo scenario di mutevolezza e instabilità costanti, – afferma Pellai – c’è una dimensione che rimane stabile durante l’intera adolescenza: il bisogno di nuovi contatti e relazioni. L’adolescente vive una necessità improrogabile di confrontarsi con gli altri, con un mondo di persone che non abitano in casa e di cui non può fare a meno. Oggi questa esigenza si esprime anche attraverso nuovi strumenti, i social network, a portata di mano degli adolescenti grazie agli smartphone. “
Perché l’impellente bisogno di socializzare? “La socializzazione – spiega Pellai – è per eccellenza la sfida evolutiva dell’adolescente. Essa diventa necessaria perché è solo attraverso l’incontro con gli altri che il giovane può “sganciarsi” dai legami protettivi che gli vengono offerti in famiglia. Senza la socializzazione, infatti, rischierebbe di rimanere per sempre il cucciolo di mamma e papà, pronti a proteggerlo per evitargli fallimenti e pericoli.”
Ciò è vero per l’adolescenza di 40 anni fa e per quella di oggi. Ma c’è una profonda differenza, oggi. Noi adulti siamo spesso “sprovvisti” di competenze adeguate per sostenere la crescita dei nostri ragazzi, mentre un tempo le dinamiche tra noi e i nostri genitori erano sempre le stesse: richiesta “reale”, discussione “reale”, gestione del rapporto “reale”, con tutte le conseguenze, che non si potevano spegnere con un click o rimanendo disconnessi. Ecco, questo è un punto fondamentale: i ragazzi potrebbero non sapere come gestire il “click reale”.
Il mondo solo on line ha aspetti positivi e negativi. Estremamente positivo avere a disposizione migliaia di canali relazionali e mutarli in base alla proprie aspettative del momento: gusti musicali, la scuola, le vacanze. Anche quelli negativi purtroppo sono noti, su cui occorre tenere sempre alta l’attenzione: sexting (soprattutto legato alle ragazze che mostrano parti del loro corpo), cyberbullismo (insulti e altro), cybernarcisismo (il bisogno di apparire in rete).
Ma si aggiunge una nuova riflessione negativa, come spiegato nell’articolo. Tutto questo che accade nel cloud, nella rete, ha anche un altro aspetto, ci spiega Pellai: “fenomeni di socializzazione virtuale, che avvenendo in contesti non reali rischiano di lasciare i ragazzi sprovvisti di competenze pro-sociali, necessarie per vivere legami e affetti nel mondo reale.” E ancora: “Corriamo il pericolo che Facebook e Co. riducano il cervello sociale globale. In questo scenario è davvero inquietante constatare che oggi Facebook viene utilizzato da quasi un miliardo di persone”. Non solo, da parte di alcuni ricercatori viene evidenziato come “gli studi più recenti dimostrano che le aree del cervello responsabili del comportamento sociale non si sviluppano in maniera normale (nella socializzazione on line). Le conseguenze sono difficilmente prevedibili, ma devono comunque farci pensare. I giovani sanno sempre meno come comportarsi, che cosa possono permettersi e che cosa vogliono.” Cosa inquietante che potremmo verificare solo tra molti anni, purtroppo.
E qui la domanda: quindi, a fronte di tutto ciò, quali interventi educativi e preventivi è necessario promuovere oggi per sostenere la crescita dei ragazzi?
“Il mondo on line – ci assicura Pellai – è una dimensione di socializzazione dove non si rischia niente, dove si può (apparentemente) fingere di essere tutto e il contrario di tutto, senza dover poi sostenere la sfida e il confronto, che nella realtà risultano inevitabili. Nel web socializzare comincia con un click e con lo stesso click si può spegnere tutto e fermare tutto, quando la richiesta dell’altro si presenta troppo impegnativa”.
“E’l’illusione di una socializzazione sempre possibile, ma fortemente falsata dalle dinamiche della virtualità” tanto che l’adolescente non sente la necessità di “accedere a una socializzazione formativa e strutturante nella sua vita reale. Una socializzazione in cui mettere in gioco “competenze per la vita” in grado di allenare e formare circuiti neuronali integrativi tra le zone emotive e le zone cognitive del cervello adolescente in trasformazione.”
Quella di oggi, quindi, è una nuova sfida pedagogica in cui non è ancora delineata una strada. Siamo di fronte a qualcosa che è profondamente cambiato, troppo in fretta. Tuttavia, come tutte le oscillazioni, dal solo reale – nostro -, al solo virtuale – loro -, l’onda è meglio prenderla nel mezzo come i surfisti. In attesa di conoscere una strada pedagogica… Nel mezzo sta la virtù.
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