Una toccante poesia che stamattina Simonetta (grazie Prof.!) leggerà in una classe delle medie. Stamattina, per la Giornata della Memoria.
Questa poesia ruota intorno a un paio di scarpette rosse numero ventiquattro quasi nuove appartenute a un bambino di tre anni, forse tre anni e mezzo. Un paio di scarpette normalmente utilizzate per i giorni di festa che un bambino calzava a Buchenwald, un campo di sterminio nazista in Germania.
Queste scarpette si trovavano in cima ad un mucchio di scarpe per bambini e si notavano per il loro colore. Purtroppo i bambini, arrivati nei campi di sterminio, venivano spogliati, i loro capelli rasati, e venivano portati nelle camere a gas.
La poetessa si chiede a chi appartenessero quelle scarpe e di che colore fossero i suoi occhi. Questo è impossibile saperlo, ma noi tutti possiamo immaginare il pianto incessante di quel povero bambino, la tortura che ha dovuto sopportare.
Che orrore, che atrocità enorme per un essere così piccolo e indifeso!
Un bambino che non crescerà e che non consumerà mai le suole di quelle scarpette rosse. (commento tratto da https://www.youtube.com/watch?v=NYFCeh5bkhA)
Nell’invitarvi questa sera in biblioteca a Sona per “Scambiamenti…di memoria”, ecco la poesia…
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede ancora la marca di fabbrica
“Schulze, Monaco”.
C’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio di scarpette infantili
a Buckenwald
erano di un bambino di tre anni e mezzo
chi sa di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto lo possiamo immaginare
Si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’ eternità
perché i piedini dei bambini morti non crescono.
C’è un paio di scarpette rosse
a Buckenwald
quasi nuove
perché i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
Joyce Salvadori Lussu, Firenze 1912 – Roma 1998