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“La persona peggiore del mondo”. Recensione di un film fantastico, perché forse siamo noi.

Se volete uscire dal cinema con due pensieri, il primo che avete guardato un film bellissimo e il secondo che il personaggio del film potrebbe essere in effetti chiunque di noi, allora “La persona peggiore del mondo” è il film da guardare.

Considerato unanimemente uno dei migliori, se non il migliore film del 2021, è frutto di un’opera di Joachim Trier, giovane regista danese del 1974, affacciato alla scena da circa 15 anni con rara capacità di approfondire le moderne dinamiche sociali e affettive.

Joachim Trier (secondo da sinistra), con il cast del film “la persona peggiore del mondo” (da: bebeez.com)

La persona peggiore del mondo” è l’ultimo della cosiddetta “trilogia di Oslo” iniziata nel 2006 con Reprise, e poi proseguita con Oslo, 31. august del 2011: tutti film che guidano alla ricerca di se stessi in vari ambiti della vita, e tutti che si svolgono nella capitale norvegese

Oltre alla trilogia, il regista ha diretto altri due film bellissimi Segreti di famiglia del 2015 (il cui titolo originale forse dà meglio l’idea: louder than bombs, un film che tratta le vicende di un’inviata di guerra e del figlio che scopre la verità sconvolgente sulla vita della mamma) e Thelma  del 2017, da vedere per il suo tema che coinvolge un’adolescente alle prese con le restrizioni religiose e la scoperta di sé, ricerca accompagnata da episodi paranormali.

Cosa mi è piaciuto

Il film racconta la vita di oggi di una generazione, quella dei millenials, che ha forse il miglior presente e che, al contempo, non sa quale strada prendere per il futuro, costantemente alla ricerca di situazioni che possano dare immediata felicità, di “aggressione” delle opportunità che si trova di fronte, con l’energia dei giovani, di incontro e scontro con il mondo. Storia che forse abbiamo vissuto anche noi, o forse le persone vicine a noi.

Julie, la protagonista poco più che ventenne, è infatti alla scoperta di sé. Entra in un mondo che lei vede pieno di scelte, di incontri, senza limiti e soprattutto da vivere solo al presente. Non si pone alcuna riflessione di fermarsi a costruire. E’ in continuo dinamico cambiamento.

Il regista riprende Julie nella sua onnipotenza giovanile, con scene che creano profondissima empatia per l’uno o per l’altro, in uno svolgimento alla scoperta di sé, di “morso” del tempo e delle situazioni con voracità tipica della generazione della protagonista.

Un film che è una sfida nel titolo: “la persona peggiore del mondo” siamo alla fine dei conti noi. Siamo noi che in taluni tratti della vita siamo i “peggiori” per noi stessi o per gli altri. Questo film è uno specchio con le sue riprese, con i dialoghi semplici ma profondissimi, con le situazioni che occorrono di minuto in minuto. Due ore che scivolano via in una battito di ciglia, senza momenti fermi.

Trama completa. Solo se la vuoi leggere e se ne sei sicuro

Diviso in dodici capitoli, più prologo e epilogo, il film racconta la storia di Julie (Renate Reinsve), una millenials di Oslo che non ha un’idea di cosa fare nella sua vita, coem spesso capita a questa generazione. Julie è una dotatissima studentessa e inizia a studiare per sfida (“perché era difficile entrare”) prima medicina poi, accortasi che non le piace, si butta su psicologia (“mi piace il dentro delle persone, non il fuori”) per poi infine virare verso la fotografia. Nel frattempo ha varie e veloci esperienze amorose “one night stand” con un suo docente di università e un suo modello che sta fotografando. La sua vita sembra tutta girare attorno ad opportunità che coglie per ottenere il massimo per sé.

Nel mezzo di questo turbinio di situazioni, Julie inizia una storia seria con il fumettista di successo Aksel (Anders Danielsen Lie) molto più grande di lei d’età. Questa relazione la porta a constatare come le due visioni e le due aspettative della vita siano diverse: quelle di Aksel rivolte al lavoro, alla famiglia e al desiderio di bambini, quelle di Julie alla libertà, alla voglia di attenzione e a fuggire da ogni costrizione.

Mentre Aksel riceve l’ennesimo premio, Julie va verso casa e si intrufola in una festa di matrimonio, conoscendo Eivind (Herbert Nordrum) un barista con cui si intrattiene tutta la notte bevendo in continuazione, attuando e ricevendo flirt sofisticati e intriganti.

Questo incontro fa nascere in Julie il pensiero dell’infelicità di stare con Aksel, portandola un giorno a comunicargli di voler interrompere la relazione.

Da quel momento inizia con Eivind una nuova vita, più vicina alle sue attese di età, di azione e tempo ma, alla fine, i ruoli si scambiano: Julie scopre di essere incinta mentre Eivind non vuole figli, lasciando Julie sola nel pensiero di cosa fare della gravidanza.

In questa situazione, Julie viene informata che Aksel ha un cancro ed è in fin di vita. Julie va a trovarlo all’ospedale, in uno scambio di riflessioni e pensieri sulla vita che Julie porta in grembo e sulla morte che presto prenderà Aksel.

Julie torna a casa e decide di comunicare a Eivind che intende rompere la relazione, partendo da un pretesto, non vedendo in lui alcuno spirito di miglioramento rispetto al fare il barista. Situazione del tutto ribaltata rispetto ad Aksel: lui di successo e lei senza alcuno stimolo per il futuro, ora si trova ad essere lei a dire a qualcuno che non ha ambizioni per il futuro. In tutte queste dinamiche, sola, Julie perde il bambino.

Senza più affetti, senza il bambino, e forse senza nemmeno più futuro, Julie fa la fotografa di scena immortalando un’attrice che poi scopre essere la moglie di Eivind, di cui vede la cura e la premura nei confronti del figlio che hanno avuto.

Da sola nella sua stanza, Julie guarda al computer le foto appena scattate.

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