L’Italia non fa più bambini. E a Sona, Verona, la natalità è scesa dell’85% in 50 anni

Il tasso di natalità è in rapidissima discesa. Cosa che si vede da tempo, d’altronde, non solo per le statistiche ISTAT. Ma per chi come me opera come Assessore alla Scuola in un Comune del nord (Sona, Verona, Veneto), significa toccare letteralmente con mano questa situazione. Per esempio ogni anno c’è da fare la conta di quante classi di infanzia, elementari e medie potenzialmente potrebbero scomparire, con le inevitabili ripercussioni sui genitori, sui docenti, sul tessuto attorno.
Ci sono numeri spietati che fanno capire tutto.
Sempre nel Comune di Sona nell’anno 1969 c’è stata la maggiore natalità: 353 bambini, a fronte di una popolazione di circa 9.000 abitanti. Nell’anno 2021 i bambini invece sono stati solo 110 ma con una popolazione doppia: 18.000 abitanti. Qui sotto il grafico prendendo gli ultimi 70 anni.

Nonostante le apparenze, la situazione è ancor peggiore, purtroppo: non siamo di fronte solo ad un terzo di nascite (nel 2021 sono 110 bambini contro il 1969 con 353), ma ad un sesto di nascite, ovvero abbiamo “perso” l’85% dei bambini in 50 anni, se teniamo conto dell’aumento della popolazione.
Per chi vuole approfondire a livello internazionale, segnalo questo splendido link: https://ourworldindata.org/fertility-rate
Il trend non è solo italiano, ma il nostro Paese ha avuto l’accelerazione maggiore.
Quali analisi?
Da tempo leggo l’Internazionale, un settimanale che porta fatti di tutto il mondo scritti da giornalisti bravissimi di tutte le nazionalità. Mi piace leggere cosa dicono e scrivono gli stranieri su di noi, tormentato popolo italico sempre alla presa con gli stessi problemi da decenni. E farci raccontare dagli altri, forse porta più oggettività e verità.
Nell’ultimo numero dell’Internazionale, in un articolo di Oliver Meiler della Süddeutsche Zeitung, Germania, emerge che in effetti abbiamo un problema serissimo per le nascite: facciamo talmente pochi bambini che siamo diventati la pecora nera europeo.
La sintesi dell’articolo di Meiler è semplice e diretta: “secondo l’Istat il tasso di natalità nel paese è il più basso d’Europa. Lo stato non ha mai sostenuto adeguatamente le famiglie giovani, preferendo occuparsi dei pensionati”
Perché non si fanno più bambini?
Scrive Meiler: “quando in Italia c’è stato il primo lockdown, accanto a dolore e paura si è accesa anche una tenue speranza. Forse, si diceva, la lunga permanenza tra le mura domestiche contribuirà a migliorare il tasso di natalità, drammaticamente in calo. Non avendo quasi niente da fare, gli italiani avrebbero dedicato più tempo a fare l’amore. Ovviamente questa previsione non teneva conto di una serie di variabili: non sempre una convivenza forzata favorisce l’intimità di coppia.”
C’è quindi qualcosa di strutturale e profondo nell’impedire alle coppie fertili italiane di non pensare alla maternità, nemmeno quando hanno tempo.
Secondo Draghi
Nella recente legge di Bilancio 2022, il Governo Draghi ha introdotto l’assegno unico, finanziato con 18,2 miliardi di euro all’anno e le famiglie con un reddito ISEE inferiore ai quindicimila euro all’anno riceveranno 175 euro al mese per ciascun figlio fino al diciottesimo anno d’età.
E qui scattano le solite riflessioni: il parametro ISEE si applica su un sistema fiscale che fa acqua da tutte le parti, e una famiglia di due giovani anche con un solo reddito da lavoro dipendente di poco più di mille euro al mese corre il rischio di superare il tetto di 15.000 euro per avere l’assegno più alto. Troppo ingiusto questo sistema fiscale per misurare la ricchezza e troppi pochi 175 euro a figlio al mese.
“Secondo il presidente del consiglio Mario Draghi – scrive Meiler – ai giovani servono tre cose per mettere al mondo dei figli: un lavoro sicuro, una casa e uno stato sociale. L’Italia è indietro su tutti e tre i fronti.”
Altri Paesi
In altri paesi europei la situazione è profondamente differente, senza scomodare l’ideale dei Paesi nordici, la Francia, ad esempio, prevede sgravi fiscali per famiglie ma anche, più banalmente, la società produttiva agevola la famiglia: se entri in un ristorante con dei bambini, avrai probabilmente un menù a prezzi calmierati per tutti i componenti. Insomma una pizza può costarti 5 euro invece di 10, se sei in famiglia. Non male no?
Il tasso di natalità è il più basso dall’unità d’Italia del 1861 e la situazione è catastrofica. Prendendo ancora come riferimento la Francia: “dopo la seconda guerra mondiale la popolazione italiana superava di tre milioni quella francese, oggi invece la popolazione francese supera di otto milioni quella italiana.”
Gli immigrati?
Molti imprenditori, anche del Nord, chiedono più immigrazione: per “fare i lavori che gli italiani non fanno”, per “pagare le pensioni”, per “dare un futuro all’Italia”. E forse anche per ringiovanire l’Italia. Ma il tema dell’immigrazione non è di facile trattazione in Italia, sotto diversi punti di vista, politico innanzitutto. Servirà fare di necessità virtù?
Forse sarà necessario, sì. Sempre nell’articolo de l’Internazionale: “dal 2015 il Paese ha perso 1,5 milioni di abitanti. Come se in sei anni fossero sparite tre città poco più grandi di Firenze. E intanto cresce la percentuale di anziani, e di pensionati. Solo la popolazione giapponese è più anziana di quella italiana. Questa combinazione di fattori è un problema. La Banca d’Italia stima che, entro il 2065, l’Italia avrà tre milioni di occupati in meno. Significa che ci saranno meno contribuenti, meno finanziatori dello stato sociale, meno consumatori.”
Si può fare qualcosa a livello comunale?
Servirebbero cambiamenti strutturali, a partire dal fisco: troppe ingiustizie. Discorso lungo. Ma forse a livello comunale si può far qualcosa, poco, magari, ma qualcosa.
Innanzitutto i Comuni hanno dei tributi su cui possono agire: sicuramente sarebbe possibile ridurre il carico fiscale a chi ha famiglia. Come finanziare questa riduzione di tasse? Nei bilanci ci sono sempre milioni di euro per i cosiddetti crediti inesigibili, ovvero per quel quantitativo di denaro che probabilmente non si otterrà mai: si tratta di tariffe non pagate (ad esempio rifiuti), di sanzioni non pagate (ad esempio quelle della strada), e così via. Non è che sono pigri i Comuni, solo hanno le armi spuntate.
Quindi, la riflessione è semplice: non posso aiutare chi ha bisogno perché altri non pagano tributi e sanzioni.
Ecco, se dovessi chiedere a Draghi un desiderio per il 2022 chiederei questo: rafforzare gli strumenti ai Comuni per recuperare questi milioni di euro e ridarli alla Comunità che gestiscono.
Intanto cominciamo da qui, facendo capire alle coppie italiane che il Paese li aiuta economicamente.
Foto principale da: https://www.wantedinrome.com/news/italy-birth-rate-lowest-in-160-years.html
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