“Fra 400 anni scuole digitali in Italia”. Per fare prima bisogna che le mamme si incazzino?
Indagine di Tuttoscuola: “Solo 38 istituti scolastici su 8519 sono digitali. Di ‘sto passo, servono 437 anni per digitalizzarle tutte”. C’è solo un rimedio: basta credere alle mirabolanti promesse dei politici, bisogna solo che le mamme di incazzino e la scuola cambierà.
Nel Bukina Faso, nel frattempo, la velocità media delle connessioni internet a casa e scuola è di 22, 1 MegaByte al secondo; in Italia siamo a 9,22. Nel nostro Bel Paese due studenti su tre dichiarano di non avere il Wi Fi a scuola, uno su 5 utilizza il laboratorio informatico una volta la settimana, uno su 5 una volta al mese. Le LIM in Italia sono poche decine di migliaia, i tablet qualche migliaio.
Un fantastico articolo di Stella sul Corriere di stamattina – 7 Febbraio – ripercorre le vicende italiche sulla digitalizzazione scolastica, da destra a sinistra, passando per il centro. Ministro Giovanni Galloni nell’88: “rivoluzione informatica nelle scuole imminente”. Luigi Berlinguer, 2000: “Libro e tastiera nelle scuole! Un computer ogni 10 allievi in pochi anni.” Giuliano Amato, 2000: “colmare il divario digitale”. Anno 2001, Berlusconi: “III: Internet, Inglese, Imprese”. Ministro Moratti, 2001: “Entro il 2004 uno studente su due avrà un PC a scuola e entro il 2005 l’85% delle scuole avrà internet”. Anno 2012, Ministro Gelmini: “Un mini PC per tutti gli studenti al ritmo di 1000 classi al mese”. Francesco Profumo, 2014: “Da quest’anno tutte le classi potranno utilizzare un PC in aula, e alle classi che non ce l’hanno lo consegneremo la prossima settimana”.
Intanto cosa facciamo noi – anch’io – che insegniamo Competenze Informatiche di Base al I anno della Laurea per Insegnanti di Scuola Primaria? Il mio corso comincia così: “Poiché in Italia non ci sono computer né tablet né internet nelle scuole, l’Informatica la comprenderemo giocando.”
Sì, si può insegnare l’informatica giocando ed è anche divertente.
Solo che qualcuno deve capire che in Italia la insegniamo così per necessità, oltre che per spirito accademico – pedagogico.
L’unico modo per cambiare la scuola in Italia è sempre quello: bisogna che le mamme si incazzino. Di brutto.
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